L'alba dei Doors
Buongiorno, come state?
È venerdì 27 ottobre e questa è la versione di Incipit featuring Carolina Cere, autrice e illustratrice dalle straordinarie capacità…
Cominciamo col dire che oggi manterremo la parola data, la promessa fatta settimana scorsa agli/alle amanti di James (Jim) Douglas Morrison che ne avremmo per almeno quattro venerdì.
Ma se la scelta di venerdì scorso è stata quella di mostrare il lato più intimo di Jim, quello del poet for living, della scrittura, ma anche di dare voce a Frank Lisciandro, forse il suo migliore amico, senz’ombra di dubbio, uno dei pochi che ha non solo rispettato Jim e la sua Arte, ma se n’è preso Cura; oggi vogliamo, mantenendo come fil rouge il poetare, il trobar per dirla alla provenzale, di Morrison, integrare raccontandovi la genesi della band che gli ha consentito di raggiungere in poco tempo un pubblico molto ampio: The Doors.
Venice Beach
Nell’estate del 1965 a Los Angeles tutti quanti, indipendentemente da chi fossero e cosa facessero, avevano a che fare con la musica. La motivazione? Semplice. Quell’estate la musica era Los Angeles. E Los Angeles era la musica.
Bob Dylan, tra mille polemiche puriste e un miliardo di consensi estasiati, con Bringing It All Back Home proprio quell’anno si era convertito agli strumenti elettrici e da marzo imperversava nei jukebox.
La casa per eccellenza di quella tempesta musicale fu il Sunset Strip, il miglio e mezzo di Sunset Boulevard che attraversa West Hollywood, con i suoi locali pionieristici, Whisky a Go Go e Gazzarri’s, dove si ballava rock’n’roll con bellissime ballerine in minigonna a frange e scollature vertiginose.
Nel 1965, tra la primavera e l'estate, il Sunset Strip divenne il centro del mondo e un vento forte prese a scuotere anche le fitte nebbie londinese, dove Andrew Loog Oldham, manager dei Rolling Stones, ebbe l’intuizione di portare i suoi pupilli sotto il sole della California a respirare l’aria elettrizzata di Los Angeles.
(I Can't Get No) Satisfaction. Il singolo uscì e mentre in Europa ci fu un tentennamento delle radio che consideravano il contenuto del testo sessualmente troppo esplicito, negli USA fu un successo senza precedenti e Satisfaction in appena due settimane prese la vetta della classifica di Billboard scalzando i Byrds. Nei jukebox dello Strip, dove gli Stones erano ormai di casa, spazzò via tutte le hit del momento, compresi Dylan, i Kinks e l’irresistibile Eve of Destruction di Barry McGuire (consiglio di leggere la mia lettura di questo iconico brano qui).
Jim nel 1965
Scrive Riccardo Lestini, scrittore, regista, insegnante, autore del libro People are strange. Un poeta di nome Jim Morrison:
“Jim Morrison non era un musicista, non aveva alcuna competenza in campo musicale e fino a quel momento alla musica non aveva prestato molta attenzione nemmeno come fruitore. Ma le sue antenne, sempre vigili per captare l’elettricità circostante in ogni minima sfumatura, non potevano restare indifferenti a tutto ciò. Da qualche tempo andava ripetendo che durante i suoi viaggi con LSD aveva nella testa una specie di grande concerto. Ovvero immaginava - o meglio vedeva e sentiva - una sorta di rito mistico e tribale con un sacerdote-bardo sul palco a guidare e iniziare una folla in delirio.
Più che di canzoni vere e proprie, si trattava ancora di accenni di brani musicali, melodie che Jim captava nel suo trip e su cui inseriva parole e versi, canticchiandoli mentalmente. Seppur in maniera fumosa, la musica cominciava a essere il collante di molte delle suggestioni accumulate fino a quel momento.
Il rito teatrale, lo sciamanesimo, il controllo sulle folle, lo spirito dionisiaco. Ed era anche, la musica, un sistema mnemonico per non dimenticare idee e parole. Jim era un artigiano della parola, ritornava in continuazione su quanto scritto per modificarlo, aggiornarlo, senza contemplare affatto il concetto di stesura definitiva, spesso senza nemmeno aver bisogno di tenere sottomano la versione precedente di un testo, intervenendo quindi a memoria.
La melodia poteva così essere il punto fermo di quel continuo divenire, la base fissa su cui creare e improvvisare versi sempre nuovi.”
Nonostante ciò, nonostante avesse confidato agli amici della UCLA la volontà di formare una band e chiamarla, in onore dell’amato Huxley, The Doors, non sembra che la musica fosse per Morrison cosa concreta. Sicuramente ne era affascinato, ma con ogni probabilità il rock non sarebbe mai entrato nella sua vita né i Doors sarebbero mai esistiti se quel giorno di luglio del 1965, sulla spiaggia di Venice, l’andatura strascicata e strafatta di Jim che passeggiava a piedi scalzi sulla battigia non fosse stata intercettata da Ray Manzarek.
Scrive ancora Lestini:
“Al di là di quel fortuito incontro - raccontato e mitizzato da ogni storia del rock che si rispetti - fu in generale l’ingresso di Manzarek nella vita di Morrison ad essere decisivo per metterne a frutto il potenziale. Possibile, se non probabile, che senza Ray a fargli da balia Jim sarebbe rimasto un talentuoso e anonimo poeta in jeans, inghiottito dal caotico brulicare di Los Angeles.
Anche se sulle prime non erano diventati amici intimi, Ray Manzarek aveva visto da subito qualcosa in quel ragazzo taciturno e sfuggente in fuga dalla Florida. Un che di magnetico, un carisma naturale che poteva avere conseguenze esplosive. Così, senza sapere bene cosa aspettarsi, prese a girargli intorno e a studiarlo. La prima mossa di avvicinamento fu di offrirgli venticinque dollari per suonare con i Rick & the Ravens, la band dei fratelli Manzarek, a un ballo liceale. Uno dei chitarristi aveva dato forfait e quel che Jim doveva fare era tenere in mano una chitarra senza amplificatore e fingere di suonare. Fu quindi in maniera surreale, strimpellando per finta una Fender Stratocaster, che Jim Morrison tenne il suo primo concerto.
Poco dopo, sul finire di maggio, avvenne qualcosa di molto più importante. I Ravens suonavano al Turkey Joint West per una festa piena zeppa di studenti dell’UCLA. Scorgendo Jim tra la folla Ray, in maniera estemporanea, dal microfono lo invitò a cantare. Jim prima di allora non aveva mai cantato in pubblico, ma era sufficientemente sbronzo per salire sul palco. Quando Rick Manzarek attaccò il super classico blues Louie Louie, Morrison sorprese tutti lanciando un urlo primitivo capace in un solo istante di catturare l'attenzione di tutta la sala da ballo. E poi cantò il pezzo, duettando con Ray, con un timbro inaspettatamente caldo e profondo. Alla fine Ray era così entusiasta che stava già per chiedergli di partecipare al concerto successivo, ma Morrison lo gelò dicendogli che era in procinto di trasferirsi a New York.”
La facciamo breve, Jim non andò a New York e quando i due si incontrarono di nuovo, poco dopo, nel mese di luglio sulla spiaggia di Venice, Ray chiese a Jim cosa stesse facendo, visto che non era più andato a New York. Quando Jim accennò imbarazzato allo scrivere canzoni, Ray si accese d’entusiasmo, lo convinse (Morrison era riluttante, convinto di non saper cantare) a cantargliele e a diventare il frontman della sua band.
L’alba dei Doors
All’inizio non furono altro che i Rick & the Ravens con l’aggiunta di Morrison e un nome nuovo. E non c’era alcuna ragione logica per cui quella band potesse arrivare da qualche parte. Jim non sapeva cantare, gli altri erano musicisti mediocri e nessuno, tranne Ray, capiva il nuovo membro. Per tutti era uno scoppiato perennemente strafatto e senza alcun talento musicale, che per ragioni incomprensibili doveva essere il loro frontman malgrado durante le prove si rifiutasse quasi sempre di cantare, lasciando la parte vocale a Ray e a soffiare suoni sconnessi dentro un’armonica a bocca che non sapeva suonare. Eppure, negando ciecamente l’evidenza, Ray continuava a credere ciecamente in Jim e nella sua scrittura, prova del fatto che ci fosse qualcosa di immenso in lui.
Anche il suo aspetto fisico era per Ray il segno di un’ineluttabile predestinazione a essere adorato da folle in delirio: gli occhi azzurri, la pelle bianchissima, il corpo asciutto e tornito da statua greca, il volto di una bellezza irreale incorniciato da ciocche di capelli lasciati crescere disordinatamente. Bastava solo avere la pazienza che tutta questa energia in potenza gli esplodesse addosso, sulla pelle, trasformandolo in uno stregone capace di restituire la quintessenza della sua poesia in vibrazioni rock.
Ray sapeva che ci sarebbe voluto del tempo.
Soprattutto sapeva, o quantomeno aveva capito che Jim, che era completamente imprevedibile, dannatamente incostante, sempre più spesso scaraventato in orbita dall’acido, era il più grande nemico di se stesso…
Con Jim e Ray in un primo momento suonarono the others Manzarek - chitarra uno, armonica l’altro - ma presto i due fratelli di Ray abbandonarono The Doors, insicuri sulle potenzialità della band, la bassista Pat Sullivan e il batterista John Densmore. John ebbe un ruolo cruciale perché fu lui a scegliere Robby Krieger come chitarrista di quella che di lì a poco sarebbe diventata una delle band rock più influenti e controverse nella storia della musica…